Il metallo, esattamente come qualsiasi altro materiale, quando sottoposto ad una forza si comporta come un elastico: se messo in trazione si allunga e se messo in compressione si accorcia. Vi è una relazione di proporzionalità diretta tra la deformazione e lo stress meccanico a cui il componente è sottoposto, descritta dalla legge di Hooke.
I buoi tirano il giogo, il quale esercita una forza sulla caveja. Come ci dice Newton, ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, dunque anche la caveja mette sotto stress meccanico il giogo, altrimenti si avrebbe accelerazione dell'una rispetto all'altro. Caveja e giogo sono vincolati dal punto di vista della traslazione reciproca, ma la caveja è a sua volta collegata con la stessa metodologia al timone dell'aratro e dunque i due non possono traslare l'uno rispetto all'altro. Ecco che in questo modo il moto trasmesso dai buoi viene impresso alla caveja tramite il giogo e che la caveja lo porta poi fino al timone dell'aratro o del carro.
E' facile intuire che le forze in gioco non siano modeste e dunque, per quanto detto in base al comportamento elastico, abbiamo la necessità che la caveja sia realizzata con un materiale rigido, in modo da mantenere queste deformazioni molto contenute.
Lo scambio di forze è anche all'origine delle azioni di attrito che compaiono ogni qualvolta la caveja e la sua sede compiano una rotazione reciproca. Possiamo identificare in esse la principale causa di usura e dunque, essendo le rotazioni reciproche pressoché continue (piccole vibrazioni, cambi di direzione...) necessitiamo che il materiale sia duro (durezza = resistenza alla deformazione a seguito di uno stress meccanico concentrato sulla superficie).
Esiste poi anche il fenomeno della fatica dei materiali, ma la trattazione risulterebbe poco intuitiva ed esulerebbe dagli scopi di questo post.
Riassumendo, abbiamo bisogno di un materiale rigido e duro, che inoltre produca un tintinnio quando gli anelli si scontrano su di esso. L'acciaio (quello che abbiamo sempre impropriamente chiamato ferro, in quanto in qualsiasi lega di ferro è sempre contenuta una percentuale più o meno grande di carbonio) è dunque ciò che fa al caso nostro.
La lavorazione parte necessariamente da semilavorati in forma di barre, sarebbe infatti impossibile raggiungere le temperature di fusione dell'acciaio (indicativamente variabile tra 1250 °C e 1450 °C a seconda della composizione della lega) con la strumentazione disponibile nell'officina di un fabbro.
Riscaldando il semilavorato sulla fiamma della fucina il materiale diventa più malleabile e dunque il fabbro può facilmente lavorarlo con gli strumenti opportuni. Ad ogni modo, tramite le lavorazioni a caldo non si possono eseguire modellazioni di grande precisione per una vasta serie di ragioni (ossidazione dello strato superficiale, tensioni residue indotte dal raffreddamento...).
Una volta ottenuta la forma desiderata si prosegue con le lavorazioni a freddo, eseguite con il martello, la mola o strumenti simili. In questo modo si rifinisce l'oggetto conferendogli le caratteristiche desiderate.
La superficie viene resa dura mediante la tempra, ovvero portando il manufatto lavorato a temperature molto alte, passandolo sulla fiamma, e successivamente raffreddarlo velocemente tramite immersione in acqua. Questo rapido raffreddamento modifica le normali trasformazioni della struttura cristallina dell'acciaio che normalmente avverrebbero con un lento raffreddamento, la quale arriva a temperatura ambiente nella forma metastabile tetragonale a corpo centrato anziché in quella stabile cubica a corpo centrato. Ciò induce delle tensioni residue nel materiale, che gli conferiscono una straordinaria durezza e dunque un'ottima resistenza all'usura.
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