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#02 _ Cose ed oggetti della tradizione cesenate

La tradizione romagnola è il risultato di una lunga storia a cui molti popoli e culture diverse hanno contribuito. Abitato sin dai tempi del neolitico, il territorio cesenate ha visto molti governi alternarsi, dai Galli (le cui influenze sono fortemente presenti sia nel dialetto, sia nell'economia locale) ai Romani, dalla Chiesa alla signoria dei Malatesta.

Parlare di tradizione cesenate vuol dire trattare anche delle cose che più la rappresentano. Vediamone alcune:

Il fischio di San Giovanni


La festa del patrono di Cesena, San Giovanni, si celebra il 24 luglio e coincide con il periodo in cui avviene il solstizio d'estate, momento in cui le giornate smettono di allungarsi e le ore di buio ricominciano a crescere.

Nell'immaginario comune l'imminente ritorno della stagione fredda era legato alla morte della natura, all'arrivo di entità nefaste provenienti dall'aldilà. Queste figure venivano esorcizzate con il frastuono, facendo rumore con tutto ciò di cui si disponeva.
A ricordarci di queste usanze oggi rimane il fischio di San Giovanni, tradizionalmente decorato con un galletto o un'oca di zucchero rosso.

Il ferro - "e fér"


Il ferro è l'utensile con cui, nella tradizione romagnola, si preparano i passatelli, formato di pasta fresca tipico della zona.

Il ferro classico è un disco concavo forato, dotato di un solo manico laterale, anch'esso in ferro.
Spingendo sul manico si schiaccia l'impasto e con un piccolo movimento della mano, lo si fa fuoriuscire dai fori, ottenendo la tipica forma.
Seppur il ferro si sia evoluto nel tempo, con l'aggiunta di un secondo abito, il metodo di utilizzo è rimasto pressoché immutato.
Tipicamente i passatelli vengono consumati in brodo nei pranzi domenicali invernali.

La caveja


La caveja è un'oggetto della tradizione contadina romagnola, divenuta simbolo del territorio per via della storia che l'ha vista protagonista.

La caveja altro non è che il perno che collegava il giogo (con cui venivano accoppiati a due a due i buoi) e l'aratro. Essa poteva anche fungere da freno se fatta scorrere nella sua sede fino a conficcarsi nel terreno. Nei periodi più remoti era realizzata in legno, per poi passare ad una costruzione in metallo per ovvi motivi di resistenza.
Il perno era provvisto alla sommità di un anello, utile per agevolare la manovra di sgancio, il quale però produceva un tintinnio durante l'uso. Per aumentare il tintinnio, al fine di segnalare la presenza dei buoi al lavoro nelle ore notturne e per distinguere la propria caveja da quelle degli altri contadini, si iniziò ad aggiungere sempre più anelli.
La caveja diventò con il tempo un vero e proprio status symbol, con il numero di anelli che era un'indice dell'agiatezza economica del proprietario dell'oggetto.
Per via del suo tintinnio la caveja era detta "caveja cantarena" e rappresenta il simbolo dell'anima canterina della Romagna.



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